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Il salotto di Oikos

un angolo di letture

ARTICOLI DEL 2022

 

Conoscersi, immagini che ci raccontano

 

(dicembre 2022)

 

Quanto sono preziose le parole? E quanto sono “faticose”?
Quanto le parole dicono e quanto non riescono a dire?
Quante parole, cariche di emozioni, restano silenti e come ci si può sentire più liberi nel dar loro voce?

Accade spesso che un individuo non riesca a comunicare a parole ciò che sente, che non si senta libero nell’esprimere le proprie emozioni, specialmente quelle più intense, più dolorose, quelle che
portano alla luce ricordi, quelle che scuotono nel profondo dell’animo, quelle che spaventano di più o che potrebbero ferire chi ci sta accanto.
Ecco allora che il linguaggio non verbale sembra venire in nostro aiuto. Il linguaggio verbale diventa uno strumento preziosissimo per poter condividere e comunicare emozioni, rivelando significati,
pensieri, bisogni e desideri profondi che sul piano verbale restano talvolta “inesprimibili”.
Il linguaggio non verbale è potentissimo, e coglierlo, osservarlo, comprenderlo e dargli un senso spesso si rivela fondamentale per attribuire un significato a tante cose che si dicono a parole, per dare alle semplici parole quella sfumatura in più che mi fa arrivare ciò che l’altro mi racconta a voce in maniera del tutto nuova. Sono preziosissimi tutti quegli strumenti, quelli stimoli, quegli oggetti che ci consentono di tirare fuori le emozioni, e dunque di parlare e narrare di noi partendo, però, dalla non parola.
È un modo diverso di raccontarsi: condividendo emozioni posso aprirmi all’altro, posso farmi conoscere e posso, io, per primo, conoscere me stesso. Partendo da un nuovo modo di raccontarmi posso rendermi conto di pezzetti di me e della mia storia che magari prima non coglievo, posso leggere la mia storia da una nuova prospettiva, cogliendo elementi “nuovi” su me stesso (e sul mio modo di stare con gli altri) che possono essere spunto di riflessione, occasione per pormi domande, possibilità per darmi nuove risposte e, talvolta, per concedermi di perdonarmi e di volermi bene un po' di più.

Pensiamo alle immagini...Qualunque immagine ci venga in mente: una fotografia, un dipinto, un disegno, un volto, un paesaggio, un’opera d’arte, figure astratte.
Figure astratte ed ambigue come quelle rappresentate sulle carte “Dixit”. Si tratta di carte che mettono al centro grandi tematiche esistenziali, come il tema della nascita, della morte, della crescita, della libertà, delle paure, delle scelte, delle relazioni, dell’amore...Sono immagini ad alto contenuto metaforico che, proprio per la loro ambiguità, non hanno una risposta “giusta”, bensì una risposta in cui ciò che parla sono emozioni, stati d’animo, pensieri ed associazioni significative per la persona, legate al suo vissuto, alla sua storia, alle sue ferite, e che, a parole, farebbero fatica a venire fuori.
Lavorare con le immagini permette di abbattere le barriere che si creano invece con il linguaggio verbale, permette di attivare il corpo (le sensazioni “di pancia” che mi portano a sentire più mia e dunque a scegliere una certa carta) e la mente (funzione riflessiva che mi fa dare un significato a quella scelta).

Immagini caratterizzate da ambiguità. La stessa che, in un certo senso, si ritrova anche nel titolo del 1° incontro di “Conversazioni”, incontro in cui una buona parte di ciò che ho scritto sopra è stato possibile, ed è stato possibile grazie al coraggio, alla curiosità, al desiderio di mettersi in gioco e di osare di tutti coloro che hanno partecipato.
Partire dalle immagini per raccontare di sé e delle proprie emozioni, per condividerle con l’altro, offrendo così all’altro la possibilità di un incontro.
Partire dalle immagini per giungere alla consapevolezza di quanto una semplice ed apparentemente “banale” figura possa permetterci di venire a contatto con le nostre emozioni più silenti, possa “scuotere” parti di noi, portandoci a fare riflessioni sul nostro sé e sulla nostra storia, ma senza l’uso esclusivo della parola. Per giungere ad una consapevolezza in più su noi stessi, sugli altri e sul nostro modo di esistere nel mondo.
Consapevolezza che può rappresentare l’occasione per dare inizio ad un percorso di crescita, di scoperta e di riflessione.
Crescita, scoperta, riflessione. Sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano la relazione terapeutica. Sì, relazione. Perché è soltanto nella relazione e nell’incontro con l’altro che ciascuno di noi si conosce davvero.

Agnese Cecchini

“L'amore non sta nell'altro, ma dentro noi stessi. Siamo noi che lo risvegliamo. Ma, perché questo accada, abbiamo bisogno dell'altro. L'universo ha senso solo quando abbiamo qualcuno con cui condividere le nostre emozioni.”
PAULO COELHO

 

A cosa serve la psicoterapia 2

 

(novembre 2022)

 

"Che cosa dici quando non hai un racconto su ciò che vedi?"
dal libro "La congiura contro i giovani" di Stefano Laffi.

Laffi nel suo libro ci porta a ragionare sulla crisi degli adulti e sulle possibilità di riscatto dei giovani.
Ci immerge sin da subito su ciò che si nasconde dietro una costruzione del mondo mercificata. Sul soggetto ridotto a oggetto di consumo, sull'individuo ridotto a consumatore.
Avere un racconto sul mondo in cui siamo immersi significa riflettere sulla nostra visione del mondo.
Un giovane diciottenne mi ha chiesto come regalo di compleanno un libro dal titolo 'Platone c'ho l'ansia', e continuo a chiedermi cosa lo ha attirato verso questo libro.
Trovo fondamentale cercare risposte alle proprie domande e trovo ancora più importante farlo a partire non solo dalla necessità di risolvere nell'immediato il problema dell'ansia ma quale è il motore 'interiore' che ci fa stare al mondo.
E cercare risposte nella filosofia, nella vita dei grandi filosofi della storia la trovo una operazione geniale.
Costruire una narrazione di sé, di ciò che amiamo, di ciò che ci rende felici, di ciò che ci rende tristi rischia sempre di più di diventare un lusso che si concede solo chi si può fermare.
È diventato invece urgente guardare la tela bianca della nostra vita e scegliere con cura e amore ogni dettaglio del quadro che vogliamo dipingere.
Il lavoro che facciamo, le persone che amiamo, gli oggetti che compriamo, come scegliamo di passare il nostro tempo, con chi, come ci informiamo sui fatti del mondo, sono scelte consapevoli che parlano di chi siamo e di quale è la nostra visione del mondo.
Ce lo chiedono i nostri figli che si ritrovano un mondo svuotato di senso dove gli assolutismi e gli autoritarismi rischiano di diventare sempre più attrattivi, e ce lo chiede con urgenza il pianeta, che ridotto a merce a uso e consumo dell'uomo si sta ribellando.
Hillman ci ricorda che stare in una relazione terapeutica è come stare in trincea, perché è lì che si fronteggiano tutti i fallimenti sociali e politici del sistema.
Nella stanza della psicoterapia curiamo la soggettività, insieme per trovare il senso profondo delle cose, per scegliere, da adulti, chi vogliamo essere, e per costruire una società che possa permettere ai giovani di oggi di scegliere con libertà quali colori usare per la propria tela.

 

Barbara Mattioli

 

A cosa serve la psicoterapia

 

(ottobre 2022)

 

Una delle prime domande che mi faccio quando una persona entra per la prima volta nel mio studio è: “Che cosa sta cercando? Perché è venuta da me?”
Spesso, non sempre, si intraprende un cammino psicologico perché c’è un’urgenza che vorremmo risolvere, un dolore che non si tollera più. Spesso si intraprende un cammino psicologico perché non si vuole più vivere con quei sintomi.
Ma a che cosa serve davvero la psicoterapia? Perché le motivazioni con cui si intraprende questo cammino dovrebbero cambiare nel tempo?
Prima di tutto è necessario entrare nella logica del Cammino e camminare vuole dire soprattutto avere tempo, darsi tempo e abbandonare la logica del tutto e subito. Ci vuole una vita per capire la vita, ci vuole tempo per modificare gli schemi che mi ammalano e che ho costruito in una vita.
Possiamo evidenziare i seguenti elementi che caratterizzano la psicoterapia:
PASSARE DAL SINTOMO AL PROBLEMA: la psicoterapia non può essere finalizzata alla semplice guarigione dai sintomi. Il sintomo va inteso come l’estrema possibilità di dare voce a ciò che sono e che non riesce ad esprimersi in un altro modo. Il sintomo non è la definizione di me stesso ma un linguaggio da ascoltare per arrivare al vero problema, alla causa profonda di ciò che mi ammala.
DIVENTARE ADULTI: La psicoterapia non guarisce ma aiuta a diventare adulti cioè persone capaci di prendersi cura di sé e degli altri. Diventare adulti nella propria condizione di vita, persone capaci di stare nella realtà e di imparare da essa. Diventare adulti vuole dire fare i conti con il bambino che è in noi, quel bambino che mi vincola al mondo che vorrei invece di lottare con il mondo che c’è. Il bambino che fa i capricci quado le cose intorno non sono come lui desidera.
CONSAPEVOLEZZA: la psicoterapia serve ad aumentare la consapevolezza, cioè vedere: vedere gli altri, vedere sé stessi, vedere la realtà. Essere consapevoli vuole dire diventare complessi, non accontentarsi di facili e semplicistiche spiegazioni, saper vedere le interconnessioni delle cose e degli eventi. La consapevolezza porta con sé anche la responsabilità. Consapevolezza non è un atto intellettuale o esclusivamente razionale ma ha invece a che fare con l’affetto, con la radice più autentica della nostra umanità.
RELAZIONI: La psicoterapia diventa il paradigma delle relazioni. È nella relazione terapeutica che capisco il mio modo di stare in tutte le relazioni. La psicoterapia mi aiuta a capire come portare l’altro all’esistenza uscendo dal mio piccolo mondo. Nella relazione terapeutica imparo a vedere l’altro, divento curioso dell’alterità. Non c’è crescita senza alterità.
DALL’IO AL Se’: Questo passaggio è molto importante: dall’agire all’essere, da ciò che è fuori di me a ciò che è dentro di me, dalla libertà di agire alla gioia di sentire, dal potere all’ascolto, dal mondo razionale al mondo emotivo corporeo. La psicoterapia ci allena ad ascoltare il ritmo profondo del nostro essere.
TRASFORMARE: la psicoterapia non si riduce ad un mero benessere personale ma ci impegna a trasformare quei sistemi che ammalano come per esempio la coppia, la famiglia, il gruppo e la società. Il ruolo trasformativo della psicoterapia diventa sempre più urgente per un mondo dove è necessario continuare a chiedersi perché si è diventati sempre più ostili all’idea che tutte le vite abbiano un uguale valore.
AMARE: in ultima analisi la psicoterapia serve ad aumentare la capacità di amare perché l’amore è condivisione del proprio sé con l’altro. La capacità di amare si dilata guarendo le ferite che ci fanno rimanere fermi e imprigionati ad un passato ormai lontano.
L’orizzonte della terapia deve essere l’amore. Tutto il resto, è troppo poco.

Filippo Mondini

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