Il salotto di Oikos

un angolo di letture

I pericoli di una storia unica (marzo 2023)

"Ecco quindi come si crea una storia unica, mostrate un popolo come una cosa, come solo una cosa, più e più volte, ed è così che essi diventeranno questa cosa..."

"..le facevo già pena ancor prima che mi incontrasse. La sua posizione di partenza verso di me, come africana, era una specie di pietà condiscendente, e piena di buone intenzioni. La mia coinquilina aveva una storia unica dell'Africa. Una storia unica di catastrofi. In questa storia unica, non c'era alcuna possibilità che gli africani le somigliassero, in alcun modo. Nessuna possiblità di sentimenti più complessi della pietà. Nessuna possibilità di rapportarsi tra esseri umani di pari livello"

Discorso di Chimamanda Ngozi Adichie www.ted.com/talks

Giugno 2009

In questi giorni, mentre ci prepariamo ad accogliere la forza della nuova vita che la primavera inesorabilemente ci mostra, il mare continua a restituirci cadaveri di ogni età di persone morte nel tentativo di vivere o sopravvivere a destini avversi che cercavano nuove sponde possibili.

Siamo tutti coinvolti dentro una narrazione che cerca spiegazioni, giustificazioni e tentativi di allontanare lo sgomento e il senso di colpa.

La storia unica di cui ci parla la scrittrice nigeriana Chimamanda ci sussurra frasi consolatorie attraverso l'informazione: "non dovevano partire","dobbiamo fermare gli scafisti" "dobbiamo aiutarli a casa loro".

Ma se questa stessa storia partisse dal restituire dei nomi alle donne, agli uomini e ai bambini che si sono imbarcati per raggiungere le nostre coste, e se riuscissimo a seguire il filo rosso che lega ognuno di quei nomi a delle storie individuali, a delle storie familiari, a delle storie sociali e a delle scelte politiche, a degli accordi tra stati, ad un contesto sociopolitico dove un destino scritto dai più potenti cerca con forza e determinazione di trasformarsi in progetto di vita, incominceremmo a sentirci tutti coinvolti e a chiederci nel nostro piccolo cosa avremmo fatto al loro posto e cosa possiamo fare oggi per permettere ad ogni essere umano sulla terra di provare a costruirsi un futuro degno di essere pienamente vissuto.

Se dalle spiagge di Cutro e da quei corpi senza nome, vittime di un destino apparentemente già scritto, ci spostiamo a riflettere sulle nostre vite non sarà difficile riconoscere quanto i ruoli che giochiamo nella vita, le posizioni che assumiamo nel nostro contesto familiare, le aspettative che ci cuciamo addosso a volte ci costringano ad una rappresentazione di noi stessi che prende in considerazione un solo finale possibile.

Il sociologi E.Goffman nel libro "La vita quotidiana come rappresentazione" ci ricorda che il tentativo di controllare le impressioni del nostro "pubblico" determina il tipo di rappresentazione di noi stessi che portiamo alla ribalta, ma se provassimo a raccontare la nostra storia da un altro punto di vista? Se provassimo a cercare un altro inizio? Se invece di partire da una idea di destino predeterminato, di un solco da seguire, ci immaginassimo di provare a scriverlo a partire da ciò che alimenta il nostro desiderio e le nostre passioni? Da ciò che ci fa sentire vivi?

Questo è l'augurio per questa primavera, con le parole di Chimamanda, un invito a respingere "la storia unica" della nostra vita.

Quando respingiamo la storia unica, quando ci rendiamo conto che non c'è mai una storia unica riguardo a nessun posto, riconquistiamo una sorta di paradiso.

E noi? Osiamo coltivare il nostro paradiso?


Barbara Mattioli